Il countdown per le feste di fine anno sta per iniziare e quindi è il momento di mettere al fresco le migliori bollicine per brindare al Capodanno.
Il momento migliore è sicuramente lo stappo della mezzanotte per confidare in un felice anno venturo.
Scopriamo in questo articolo i vini must have per la notte di San Silvestro.
Champagne per brindare al 2022
Non può mancare sicuramente uno champagne, bollicina iconica per le occasioni.
Ci teniamo a suggerirvene un paio.
Charles Heidsieck è un’azienda storia dell’areale della champagne fondata nel 1851. Il nostro consiglio è il brut reserve che è composto in parti uguali dai tre vitigni principi ovvero pinot nero, pinot meunier e chardonnay, provenienti da 60 cru accuratamente selezionati.
Si contraddistingue per un 40% di vini di riserva (pinot nero e chardonnay) che vanno ad arricchire il millesimo. Fa una permanenza di almeno 36 mesi sui lieviti, dettaglio da non sottovalutare per uno champagne entry level.
Uno champagne di carattere, sfaccettato e complesso.
Si presenta di un giallo intenso, con un olfatto che va dalla frutta candita alla mandorla e pan brioche. Il sorso è fresco ed elegante, con una bollicina molto fine.
Un’altra valida alternativa è un magnifico rosè, in questo caso vi consigliamo un Bollinger rosè grande anneè 2012.
A differenza dell’altro ci troviamo di fronte ad un millesimato (e che millesimo!!!), il cui nome, grande anneè deriva dal fatto che il viene prodotto solo nelle grandi annate.
È prodotto principalmente da pinot nero (70% circa) e la restante parte da chardonnay.
Le uve provengono da 21 cru, il pinot nero viene raccolto principalmente nelle zone di Aÿ e Verzenay, mentre lo chardonnay viene selezionato nei comuni di Le Mesnil-sur-Oger e Oiry.
La lunga permanenza sui lieviti garantisce una bollicina setosa, ma di gran corpo ed estremamente complessa.
Nonostante la notevole struttura, si lascia bere con estrema gradevolezza grazie anche al suo ‘ridotto’ contenuto di residuo zuccherino,circa 8gr/lt.
Gli champagne sono molto buoni, ma da buoni italiani ci sentiamo in dovere di consigliarvi delle bollicine nostrane.
EBB di Mosnel 100% chardonnay, raccolto precocemente tra il 10 e il 21 di agosto rigorosamente a mano. Per l’EBB viene utilizzato solo il mosto fiore, il quale fermenta ed affina in barriques fino alla primavera successiva. Viene lasciato sui lieviti per minimo 36 mesi. Ci colpisce sicuramente il colore, ma soprattutto avvicinando il vino al naso percepiamo sentori di frutta matura e vaniglia grazie ai mesi trascorsi in botte.
L’assaggio risulta secco e sapido, ma con una buona morbidezza e persistenza.
Giulio Ferrari rosè 2007, azienda premiata nel mese di novembre (2021) come miglior azienda di spumantistica nel mondo alla ‘The Champagne & Sparkling Wine World Championships’.
Anche questo viene prodotto con un blend di Pinot Nero e Chardonnay, le cui percentuali variano in base alle annate.
Il vino affina sui lieviti per almeno 10 anni, il che darà come risultato un vino dal colore rosa salmone con delle sfumature che ricordano il corallo, con un perlage fine e copioso.
Si possono percepire note di piccoli frutti rossi, una confettura molto delicata di rosa canina che si alterna con un agrume. Avete in mente il vino perfetto? Assaggiandolo, potrete capirlo.
Non poteva che mancare un prosecco vi parleremo dell’eccellenza del prosecco!
Giustino B. di Ruggeri considerato prosecco di riferimento qualitativo nel panorama dello spumante italiano, per finezza, eleganza e gradevolezza. Il nome viene dato per ricordare il fondatore dell’azienda, la quale nasce nel 1950, nel cuore di Valdobbiadene. Prodotto con uve ovviamente Glera, si fa notare tra gli altri prosecchi grazie alla lunga permanenza sui lieviti di oltre 6 mesi, quando solitamente ne fanno soltanto 3.
La beva è nitida, la bollicina talmente sottile da risultare poco percettibile, ma non per questo scontata anzi tutt’altro, piena, persistente e ci lascia in bocca un sapore fruttato, di mela e cedro.
Ormai mancano solamente 10 giorni a Natale e stiamo entrando sempre di più nel clima delle feste… lucine, albero di natale e… incontri con gli amici!
Una delle nostre tradizioni natalizie preferite è giocare a carte con gli amici! Ma cosa non può assolutamente mancare in queste occasioni? Una bottiglia di un buon distillato!
Ecco qualche nostro consiglio da non perdere, ideale da acquistare per sè o per regalare ai tuoi amici! Tralasciando le Grappe che fanno parte della nostra tradizione, ormai nella nostra cultura hanno iniziato a farne parte anche altri distillati esteri.
La nostra selezione di Rum
Sicuramente uno dei nostri preferiti è il rum Quorhum in particolare l’intermedio della linea che fa 15 anni di affinamento in metodo solera. Parliamo di una piccola selezione della distilleria Oliver! Tutte le bottiglie sono numerate singolarmente. Si tratta di un prodotto dal palato ampio e profondo dove note di spezia e frutta candita si mischiano inebriando il palato per il grande equilibrio. È un distillato piacevolmente versatile e accattivante, adatto anche alla miscelazione per dar vita a cocktail con carattere e personalità.
Se invece cerchiamo qualcosa di più ricercato e sofisticato sicuramente El Dorado Skeldon è quello che fa per voi.
È un millesimato 2000, il top della produzione del gruppo Demerara: prodotto in un’unica mandata da un solo distillatore Blaire nella distilleria Skeldon senza essere né filtrato né ammorbidito, infatti conserva il grado pieno. Eccezionale capolavoro del territorio della Guayana, affinato per 18 anni, ci regala sentori complessi e un corpo pieno e armonico. Sicuramente una coccola per le persone a cui vogliamo più bene.
Se siamo invece in cerca di un buon whisky, le feste possono essere l’occasione per aprire un TheMaccalan. Un nome unico, ricercatissimo da tutti gli appassionati di whisky.
Tra le straordinarie caratteristiche che rendono The Macallan tra i whisky più pregiati al mondo c’è sicuramente la scelta delle botti di affinamento: l’80% del carattere e dell’aroma finale di Macallan è determinato dalla qualità della botte, fattore fondamentale per garantire e offrire la qualità e lo stile di questo single malt.
Le bottiglie che puoi trovare nella nostra Enoteca:
TRIPLE CASK MATURED 12 ANNI: carattere straordinariamente morbido e delicato, ricco di agrumi, vaniglia e rovere fresco.
SHERRY OAK 12 ANNI: personalità matura, con un profilo aromatico che richiama note ricche di spezie legnose e frutta secca, con un intenso colore dorato naturale.
TRIPLE CASK MATURED 15 ANNI: sublime single malt con vivaci aromi di arance e cioccolato.
DOUBLE CASK 15 ANNI: un whisky con un gusto e un carattere più dolce e caldo dato dalle delicate note di vaniglia e dalla sottile spezia della quercia europea.
DOUBLE CASK 18 ANNI: delicata vaniglia e sottile spezia della quercia europea, offrono un whisky con un gusto e un carattere più dolce e caldo.
Proseguendo nel mondo dei Whisky, vogliamo parlarvi del Babyblu.
Si tratta del primo whisky ad essere stato distillato in Texas fin dai tempi del proibizionismo. Nello specifico il Baby Blue è un corn whisky, ovvero un whisky che ha come cereale cardine il mais. Viene distillato con alambicco discontinuo e segue un breve periodo di maturazione in botte. È un Whisky alquanto interessante ed armonico nella sua semplicità, proprio per questo non è un distillato da meditazione, ma da gustare per quando si vuole degustare un qualcosa di insolito dal gusto avvolgente. Al naso è intenso con aromi di mais, burro fuso, vaniglia, cannella, noce moscata e miele. Al palato è pieno con note di frutta tropicale, albicocche, tè al limone ed una nota affumicata.
Un’altro Whisky che merita attenzione è il Torabhaig.
Questo Whisky prende il nome dalla distilleria, situata nel villaggio di Teangue, sul Sound of Sleat, sull’isola di Skye , in Scozia .
È stata creata nel 2017 ed è una delle distillerie più recenti della Scozia, in una vecchia fattoria abbandonata. Torabhaig Allt Gleann è la seconda edizione di whisky della distilleria Torabhaig. È un’edizione per collezionisti e appassionati di tutto il mondo ed è prodotta con malti molto torbati della tipologia “Concerto” e “Laureate”. Il whisky è stato poi invecchiato in botti ex-bourbon di primo e secondo passaggio ed è stato imbottigliato senza filtrazione a freddo. Il grado alcolico è di 46%.
Per concludere, con il mondo dei whisky, vi lasciamo con un Glenmorangie, distillato noto per i suoi toni morbidi e la delicatezza del sapore. È stato creato per la prima volta più di 175 anni fa e ancora oggi, The Original, racchiude tutta l’essenza di quando è stato creato.
Viene invecchiato per 10 anni in botti di bourbon per assorbire tutti i tipi di sapori del legno. Il risultato è un whisky morbido che ti accoglie con un’ondata che parte dall’arancia, arriva al miele, prosegue con la vaniglia e termina con esplosioni di pesca.
La nostra selezione di Gin
Il gin è una delle nostre più grandi passioni. Ne abbiamo parlato in un articolo anche qualche mese fa.
In questa raccolta natalizia abbiamo deciso di inserire due “chicche” davvero sorprendenti: Sabatini e Nimium.
Partiamo dal Gin Sabatini, un London Dry Gin dallo spirito Toscano. È un gin che vuole rappresentare l’eccellenza del Made in Italy nel mondo. Un atto d’amore verso la propria terra, un racconto attraverso i profumi e le suggestioni delle colline toscane. È frutto di un’unione perfetta, di sapori, aromi, suggestioni e storia; un nuovo episodio dell’importante legame storico e culturale che unisce la Toscana all’Inghilterra. Al naso ha un fresco sentore citrico e floreale, con sfumature che rimandano alla campagna toscana. Le botaniche che lo compongono sono: Ginepro, Iris Fiorentino, Coriandolo, Foglie di olivo, Salvia, Timo, Lavanda, Finocchietto selvatico, Lemon verbena.
Da provare.
Concludiamo questa raccolta di consigli con un Gin Agricolo: Nimium.
La cosa sorprendente di questo gin, oltre al suo sapore inconfondibile, è che è stato il primo Gin italiano con la particolarità di essere blu e di cambiare colore a contatto con la tonica. È un Gin Agricolo secco, deciso e floreale, adatto al classico Gin Tonic. Le sue botaniche sono Ginepro, Ireos, Lavanda, Rosa moscata e Viola, a fine distillazione la soluzione viene infusa con la Butterfly Pea.
Vi aspettiamo in Enoteca con una vasta selezione di distillati, perfetti come idea regalo.
Non si può iniziare il ricco cenone con una bollicina, un suggerimento che possiamo dare è un FranciacortaFerghettina.
Le loro bottiglie quadrate vi faranno fare una magnifica figura di fronte ai vostri commensali, sia a livello di gusto che d’immagine. La forma è stata scelta non per mera immagine, ma soprattutto per l’utilità pratica, in quanto è stato studiato che la superficie lievito-vino andava ad aumentare del 250%, ottenendo così un vino più ricco di aromi.
Un magnifico blanc de blancs con 48 mesi di affinamento, che si accompagna perfettamente a tutti gli antipasti classici della tradizione, come ad esempio un saporitissimo soutè di cozze, un baccalà in pastella, o un polpo e patate.
Proseguendo con le portate, ci troviamo di fronte ai primi piatti.
Un magnifico risotto, cercando però di innovare i tipici piatti della tradizione nostrana, abbiamo pensato ad un risotto al melograno, rigorosamente maturo che ha quindi perso molta della sua tannicità, burrata e tartare di gamberi; piatto ricco di colore e sapore. Serve, quindi, un vino all’altezza che sappia sostenere il piatto. Abbiamo selezionato per voi l’azienda Kofererhof, dell’Alto-Adige ed in particolare al loro Riesling Renano, un vino che con la sua spiccata acidità e mineralità si sposa, secondo noi, alla perfezione con il piatto ed, in particolare, la grassezza della burrata e la dolcezza di gamberi e melograno.
Passiamo ora ai secondi piatti, ne abbiamo selezionati 2 dai tipici della tradizione, ovvero lo sgombro in crosta di sale e la classica frittura mista.
Lo sgombro in crosta di sale risulta essere deciso, sapido e succoso nonostante la cottura, per diversi minuti in forno. Abbiamo deciso di abbinargli quindi un’eccellente falanghina di un’azienda che è sempre una garanzia, ovvero Quintodecimo di Luigi Moio. Il vino si presenta ben strutturato, ma elegante e raffinato, con un finale leggermente boisè che, a nostro dire, si può facilmente abbinare a questo secondo piatto.
Chiaramente la frittura mista (gamberi, calamari, totani, ecc,) non può mai mancare nella cena della vigilia. Questo piatto è tanto buono ed amato, quanto, però, grasso e va perciò accompagnato con il giusto vino. Abbiamo quindi pensato al “Vintage Tunina” di Jermann, un vino che con la sua notevole acidità, per l’appunto, riesce a “sgrassare” la frittura permettendoci di poter godere appieno, anzi di innalzare, la bontà di questo meraviglioso piatto.
Panettone Gilber e Moscato Passito Vite Colte
Terminiamo il menù, con un magnifico panettone con ricetta classica, dell’azienda Gilber. L’azienda nacque nel 1965 da un piccolo laboratorio torinese, per poi espandersi gradualmente. Le caratteristiche di spicco che accomunano tutti i loro prodotti da forno, sono l’uso del lievito madre naturale, la scelta materie prime ricercate e la lievitazione che richiede non meno di 48 ore.
Abbiamo quindi deciso di abbinargli un moscato passito piemontese “La bella estate” di Vite Colte, un vino, dolce ma non stucchevole, vellutato ed aromatico con sentori di pera, melone giallo e fiori d’arancio, ideale da servire fresco, con il magnifico panettone.
IL PRANZO DI NATALE
Dopo aver introdotto un menù completo per la vigilia, con tanto di vini in abbinamento, passiamo a suggerirvi una nostra idea di pranzo natalizio.
Metodo Classico Bacco d’Oro – Contratto
Cominciamo con degli antipastini classici della tradizione italiana, con una serie di fritti misti come supplì, arancini al ragù, salumi, formaggi, cornetti salati, ecc. Con questi “finger food”, molto sapidi, si sposa benissimo una bollicina e noi ci sentiamo vivamente di consigliare il metodo classico “bacco d’oro” brut di Contratto, ovvero la primissima azienda ad introdurre lo spumante millesimato nel bel paese. Questa primizia è ottenuta da uve Pinot Nero e Chardonnay, minuziosamente selezionate ed affina sui lieviti per almeno 4 anni; tuttociò dona al vino una complessità notevole, con le piacevoli note di “crosta di pane” tipiche dei metodi classici e soprattutto una bollicina mordiba e delicata, caratteristica non scontata per questa tipologia di prodotto.
Dopo aver introdotto questa carrellata di antipasti, è il turno dei primi piatti. Nella nostra idea di menù natalizio, abbiamo ipotizzato ben due primi, ovvero una pappardella alla lepre, in bianco, ed un classicone, le lasagne al ragù.
Con che abbinare queste due prelibatezze classiche?
Ci sentiamo di suggerire, come rispettivi abbinamenti, due vini differenti tra loro sia per tipologia che per fascia di prezzo per poter accontentare tutte le esigenze “Le volte” dell’Ornellaia ed il pinot nero “Lonsblau” di Jermann.
La vibrante acidità e la tannicità presente, ma delicata de “Le Volte” di Ornellaia si sposa alla perfezione con il ragù bianco di lepre.
Lonsblau – Jerman
Il “Lonsblau” di Jermann, invece, abbiamo deciso di azzardare nell’abbinare alla lasagna al ragù; nonostante sia un vino dal lungo affinamento (in barrique per 18 mesi), al palato risulta morbido e per niente invasivo, buono quindi per la lasagna.
Negus – Cascina del Colle
Anche per i secondi piatti abbiamo due idee da proporvi, vale a dire, un classico agnello arrosto ed una piccola novità, un brasato al vino rosso di guancia di manzo.
Anche qui, chiaramente, ci sentiamo di consigliarvi due vini di nicchia di tutto rispetto, stiamo parlando del “negus” di Cascina del Colle ed il “Montignanello” di Stefano Leonucci.
Il “negus” è ottenuto da uve Montepulciano d’Abruzzo; è caratterizzato da una notevole struttura data dall’affinamento in legno per 18 mesi. Le note di legno sono facilmente percettibili, ma rimangono armoniche e per nulla fastidiose, per poi esplodere in tutta la sua profondità aromatica. Il suo carattere, per noi, si sposa alla perfezione con una carne dal sapore intenso come l’agnello.
Montignanello – Leonucci
Il “Montignanello” invece deriva da uve Sagrantino. Il vino presenta una decisa tannicità, ma non così marcata come molti altri prodotti con lo stesso vitigno grazie anche alla percezione della morbidezza, causata dall’alto grado alcolico di 16%. Essendo il brasato una ricetta molto speziata e di forte impatto gustativo, è necessario che il vino abbia corpo e struttura e questo vino ne ha da vendere.
Siamo arrivati alla fine anche di questo menù natalizio e bisogna concludere in bellezza con un dolce. Dopo un così lauto pasto, è quasi d’obbligo il caffè, per questo abbiamo optato per un dolce che rievocasse, appunto, questa bevanda come il mokanero di Bonci pasticciere toscano di Montevarchi,da abbinare con un ottimo recioto della Valpolicella, il “Corte Giara” di Allegrini ottenuto da uve Corvina e Rondinella, che per le sue note balsamiche e la piacevolissima morbidezza, ci permette di poter godere appieno del delizioso mokanero.
Con questi 2 menù si chiude qui la nostra piccola raccolta di consigli enogastronomici che speriamo possano esservi utili in vista delle festività.
Detto ciò, non ci resta che augurarvi buone feste.
Il Natale non sarebbe lo stesso senza un albero di Natale, musica natalizia e alcuni regali di Natale speciali ed originali, come quelli gastronomici.
Condividere il cibo con le persone che ami è il regalo più bello di tutti. Augura un felice Natale ai tuoi cari con dei prodotti di elevata qualità della gastronomia italiana.
Ecco a voi qualche idea regalo che potrete acquistare nella nostra Enoteca.
Dolci: i classici del Natale
È #natale, vero? È ora di riempire la casa con i dolci più irresistibili. Siamo giunti al punto più importante dell’anno, soprattutto unico, dove possiamo coccolare il palato con le prelibatezze natalizie.
Pandoro, panettone, torrone, cantucci, lievitati, gianduiotti e chi più ne ha più ne metta…
Abbiamo selezionato alcune prelibatezze che sicuramente cattureranno la vostra attenzione.
Olivieri 1882
Riguardo ai panettoni è qualche anno che riempiamo i nostri scaffali con i prodotti Olivieri 1882.
Azienda storica del Vicentino, dove nel 1882, per l’appunto, Luigi inaugura il primissimo forno Olivieri. Nel corso di questi 140 anni circa, si sono susseguiti figli e nipoti, mantenendo viva la tradizione pasticcera familiare, che poi si è ampliata, inserendo in catalogo anche la sezione bakery.
Ad oggi è una grande realtà italiana nel settore dolciario che esporta in tutto il mondo.
La loro linea varia dai lievitati come panettoni, colombe, bauletti, fino a crostate, sfogliatine e le magnifiche ciambelline della nonna Miranda.
Molti dei suoi prodotti sono stati premiati dalle più grandi riviste gastronomiche internazionali e non, come Dissapore, Gambero Rosso, Forbes, Report Gourmet ecc.
Tra i riconoscimenti ottenuti, quelli che risaltano sono:
Tra i migliori panettoni artigianali d’Italia per “Gastronauta.”
“Miglior Colomba artigianale d’Italia 2019 ” per Gambero Rosso.
“2 Stelle” al prestigioso premio internazionale Great Taste Awards 2020, il Panettone e il Pandoro si posizionano tra i migliori d’Italia
Il panettone classico è prodotto interamente da loro, a mano, seguendo la tradizione.
Nella realizzazione vengono scelte materie prime di eccelsa qualità, a partire dai baccelli di vaniglia Bourbon di Tahiti, fino all’uvetta sultanina importata appositamente dall’Australia. La doppia lievitazione ha una durata anche superiore alle 48 ore.
Cerchiamo di accogliere tutte le preferenze dei nostri clienti, variando i prodotti per gusto e provenienza, dal nord fino alla Sicilia. In questa meravigliosa regione troviamo sua maestà FIASCONARO. Un grandissimo produttore pluripremiato come primo pasticciere e cittadino onorario dell’Amministrazione comunale di Avola per il lavoro svolto negli anni. Ambasciatore in Italia e nel mondo delle eccellenze dolciarie siciliane.
Nacque tutto nel 1953, quando il padre fondatore Mario, convertì la piccola gelateria al centro del paese in una pasticceria.
Il salto di qualità, però, avvenne quando i figli presero le redini dell’attività facendo conoscere il marchio aziendale in tutta la regione.
Da provare assolutamente è il pere e cioccolato, ma il loro punto forte è l’oro verde: panettone con colatura di cioccolato bianco sopra, pistacchi interi, da abbinare sicuramente alla magnifica crema spalmabile al pistacchio, inserite all’interno della confezione con l’apposito spalmino.
Come per tutti gli altri prodotti da forno, si utilizza il lievito naturale che dona aroma intenso ed alta digeribilità, nonché sapori e profumi unici.
Gli ingredienti sono tutti del luogo: agrumi, albicocche, cioccolata (di Modica), e pistacchi siciliani.
La torroneria e cioccolateria Barbero nasce nel 1883 per iniziativa del fondatore Melchiorre.
Dal 1953 l’azienda ha piantato le sue basi, stabilmente, nel centro cittadino di Asti. La storia di questa solida realtà è ormai più che centenaria ed ha visto alternarsi ben 7 generazioni, ma è sempre orientata con un occhio al futuro ed all’innovazione.
Non potete non provare il tripolino, sicuramente tre i nostri preferiti, torrone bianco friabile freddato, ricoperto successivamente da uno strato di cioccolato fondente. Viene prodotto in 3 formati: 100, 200 e 500 grammi. Il più grande, chiamato ‘farcito’, è composto nella stessa modalità del tripolino classico ma con ulteriori strati di torrone bianco e cioccolato fondente.
Salati: Bontà Pugliesi da cucinare a Natale
Benedetto Cavalieri
Non ci limitiamo soltanto al dolciario, ma vi proponiamo anche qualcosa di salato.
Una pasta, anzi LA PASTA!
“PASTA DI PRIMA QUALITA’ FIRMATA CON NOME E COGNOME!”
Fin dagli albori l’azienda punta all’innovazione tecnologica, dapprima con le “moderne” macchine per la molitura del grano duro, in seguito con l’invenzione del ‘Metodo Cirillo’ circa nel 1950.
Nel 1918 a seguito della guerra, inaugura il suo vero e proprio pastificio, da qui nasce lo slogan precedentemente citato.
Momentaneamente, l’azienda è diretta dalla quarta generazione: Andrea, assistito dal padre Benedetto, nipote del fondatore.
I grani utilizzati sono rigorosamente Italiani, di frumento duro, allevati prevalentemente in collina. La metodica di lavorazione dei grani è detta ‘delicata’, al fine di mantenere il sapore tipico e la consistenza assolutamente naturale, ricercando sempre la massima qualità, un obiettivo che l’azienda si tramanda da generazioni.
Ogni formato ha la sua miscela di semole e viene lavorato ad una temperatura massima di 35°C onde evitare la “denaturazione termica” del glutine, mantenendo la fondamentale sostanza nutritiva del grano.
Come ogni fase, anche l’essiccazione è una componente essenziale della lavorazione, infatti si lavora con una temperatura massima dell’aria di 54°C, corrispondente ad un massimale termico di 40°C per la pasta.
L’essiccazione oscilla tra le 36-40 ore in base al formato di pasta, caratteristica che la contraddistingue da una pasta industriale (limitata a pochissime ore, circa 3) ed una volta essiccata, viene lasciata a stabilizzare in un ambiente opportunamente climatizzato al fine di potersi consolidare adeguatamente.
I prodotti sono tutti di eccelsa fattura, tanto che wine spectator ne parla come “pasta perfect, con eccellente sapore di grano e deliziosa masticabilità”.
La selezione prevede più di 40 formati di pasta diversi, dai tradizionali ai più ricercati.
Quello di wine spectator è solo uno dei tanti riconoscimenti, nazionali ed esteri, di cui l’azienda si può vantare; per citarne qualcuno:
Maison coté sud: La quintessenza della pasta artigianale;
Travel e Leisure: La paragona all’utopia fabbrica del cioccolato di Willy Wonka;
Süddeutsche Zeitung – Apulien: Per una vera vacanza in Puglia non ci si può esimere dal visitare l’azienda “Benedetto Cavalieri”;
Il Corriere della sera: Ne sottolinea il gusto tradizionale.
Tutti questi pareri positivi e concordanti non fanno altro che confermare la ricercatezza degli ingredienti, la continua ricerca dell’innovazione e soprattutto della bontà dei prodotti.
Restando nella fantastica Puglia, troviamo un’altra bellissima realtà, ovvero “iContadini”.
Il padre fondatore Fiumano, nonno degli attuali 3 proprietari, 3 fratelli molto diversi tra loro, ma accomunati dalla passione per questo lavoro e con l’ambizione di continuare e nobilitare il lavoro del carissimo nonno, migliorando continuamente l’azienda, come ad esempio l’acquisizione, nel 2008, di nuovi terreni per ampliare l’azienda.
L’azienda segue una linea sostenibile, utilizzando metodiche integrate per la difesa delle proprie colture, ad esempio l’uso di insetti antagonisti, tecniche di aridocoltura e gocciolatori per l’irrigazione per limitare i consumi d’acqua.
Tirando le somme, sono tutte tecniche che servono a limitare l’impatto ambientale, utilizzando tecniche poco invasive, garantendo sicurezza, sostenibilità e bontà dei prodotti. Chiaramente l’energia utilizzata viene principalmente da fonti rinnovabili, eolica e solare su tutte.
La produzione è vasta e variegata: frutta e verdura del loro orto, assortita in appositi barattoli in vetro, vini, pasta, ecc.
Per coprire le esigenze dei più, troviamo confezioni dai formati più disparati, dai più piccoli (es. 230 gr, che troverete in enoteca) ai più grandi per le famiglie.
I generi alimentari vengono venduti interi o minimamente lavorati, oppure trasformati in patè, salse, sughi, marmellate ecc. sott’olio o essiccati.
I vasetti possono contenere o singoli prodotti (es. carciofi alla crudaiola) oppure combinazioni degli stessi (es. l’antipasto BBQ, il grande antipasto del Salento).
Di pregevolissima fattura sono anche i peperoni “Cherry” e le zucchine secche, entrambi ripieni con tonnetto del mediterraneo.
Infine, sono molti i prodotti essiccati (per fare un esempio, i pomodori secchi), perché ciò sposa perfettamente la mentalità dell’azienda: “valorizzare sistemi di conservazione naturali e quindi non impattanti”.
Prodotti Ittici: Un consumo responsabile per Natale
Armatore Cetara
È un’enorme flotta navale, nata nel 1973, che prende il nome dall’omonima conca, appunto di Cetara, locata nella costiera amalfitana.
La “mission” dell’azienda è la sostenibilità, un ideale che accomuna tutta la flotta, ricercato ed applicato prediligendo le tecniche di pesca più rispettose possibili.
la sostenibilità viene garantita adottando molte pratiche sostenibili come pesca selettiva (con reti a circuizione), osservando il codice di condotta per la pesca responsabile della FAO-Dipartimento pesca, utilizzando pack sostenibili e riciclabili, ecc.
Altro aspetto di fondamentale importanza è la tracciabilità, come testimonia la filiera corta delle alici, che vengono lavorate a poche ore dalla battuta di pesca, ottenendo così, una duplice sicurezza, sia sanitaria che sulla trasparenza (sull’etichetta).
Tra i prodotti di punta dell’azienda, troviamo:
colatura di alici riserva: è una salsa dal colore ambrato, prodotta tradizionalmente inserendo, in piccole botti, alici a cui vengono rimosse testa ed interiora e strati di sale. Alla sommità viene inserito un coperchio, con un peso per esercitare una lieve pressione per permettere l’affioramento del liquido che sarà la base di partenza che in svariati mesi porterà alla produzione di questa deliziosa salsa. L’appellativo “Riserva” è stato affibbiato a questo prodotto per il lungo tempo di affinamento (18-30 mesi) in botti di castagno. Ottimo per arricchire i primi piatti.
filetti di alici all’olio di oliva: vengono utilizzate solo le alici più grandi, pescate in primavera, in costiera. Vengono lasciate a maturare, in salagione, in piccole botti di castagno per almeno 8 mesi. Successivamente vengono poi dissalate, preparate e confezionate in olio di oliva. Ottime per molti antipasti e per primi piatti.
filetti di tonno rosso in olio di oliva: il tonno è un pesce di pregevolissima fattura, ricco di omega 3 e quindi molto indicato per le diete, ad esempio quella mediterranea, che generalmente è ricca di omega 6, ma carente di omega 3. E’ inoltre efficace nel combattere il colesterolo cattivo nel sangue. Vengono interamente lavorati a mano a poche ore dalla battuta, ed hanno un gusto deciso e saporito. I filetti di Tonno Rosso sono particolarmente indicati per antipasti, bruschette e come condimento per insalate e primi.
Anche quest’anno si sta avvicinando il momento più magico dell’anno: il Natale. Fuori fa freddo, le luci illuminano le strade e siamo tutti più buoni. Cerchiamo tutti qualcosa che ci scaldi il cuore e ci avvicini, ovviamente per noi tutto questo non può che essere racchiuso in una buona bottiglia di vino, da condividere con le persone a noi più care.
Oggi vi parleremo di qualche chicca da regalare o condividere durante le feste.
Ovviamente non possono mancare le tre punte di diamante dell’enologia Italiana: Amarone, Brunello e Barolo.
Amarone della Valpolicella di Giuseppe Quintarelli
Iniziamo con un vero e proprio capolavoro della Valpolicella: l’amarone di Giuseppe Quintarelli.
Parliamo di un’azienda d’altri tempi, non ci sono indicazioni lungo la strada per la cantina e tanto meno un sito internet. La cantina nasce negli anni 60 e si trova sotto la casa di famiglia, ristrutturata nel 2014. Parliamo di un vero e proprio bijoux, piena di storia e di amore per un territorio che se valorizzato da tanto.
Da settembre a gennaio al piano superiore si possono trovare le uve in appassimento, come si faceva una volta, in cassette di legno o in trecce appese. L’amarone prima di essere commercializzato affina per 8 anni in botti grandi di rovere francese.
Non poteva di certo mancare un etichetta old school scritta a mano dallo storico chef Giorgio Gioco del ristorante i “12 apostoli” di Verona.
Alcune note tecniche su questo vino:
Colore: rosso granato intenso.
Al naso: aroma persistente, profumo delicato di mandorle amare con retrogusto di ciliegia.
In bocca: potente, armonico, lungo, speziato.
Elio Altare: uno degli innovatori del Barolo
Ci spostiamo da est a ovest e andiamo a trovare un’altro pioniere dell’enologia italiana, uno dei padri del Barolo per come lo conosciamo.
Parliamo di Elio Altare uomo d’altri tempi e lavoratore infaticabile. A 20 anni andava in vigna con aratro e buoi nella cascina a la Morra comprata dal padre. 5 Ettari tra vite, frutteto e noccioleto; all’epoca il barolo non rendeva come altre colture. Negli anni ‘70 ebbe una vera e propria folgorazione in un viaggio in Francia dal quale tornò con la convinzione che per cambiare il vino, era necessario cambiare prima di tutto la testa di chi lo produceva, così armato di motosega ridusse in legna da ardere le botti grandi che riteneva inadeguate allo scopo. La risposta del padre fu il silenzio fino alla morte, momento in cui lo diseredò. Elio non si diede per vinto e ricomprò tutto dai fratelli. Nacque così una nuova versione di Barolo, nato dalla sapienza in vigna e dall’utilizzo delle moderne barrique. Grazie a lui ed altri pochi segnò la rinascita di questo grande vino.
Alcune note tecniche su questo vino:
Colore: rosso rubino vivo con riflessi granato.
Al naso: sentori eleganti di frutta rossa.
In bocca: caldo, grande eleganza con un finale nitido di viola, con tannini accennati ma morbidi.
Il Brunello di Frescobaldi nel cuore della zona di Montalcino
Continuiamo con il Brunello. Quando si parla di Toscana subito viene alla mente il buon vino, il buon cibo e i grandi casati nobiliari. In questo caso parliamo di Frescobaldi e del suo Brunello prodotto a Castelgiocondo nel cuore della zona di montalcino. In particolare quest’anno vale veramente la pena assaggiare o mettere da parte un brunello poiché escono dopo i 5 anni di affinamento canonici i Brunelli 2016. Annata storica Toscana che ci sa regalare grandi emozioni grazie al suo vitigno principe il Sangiovese, che trova nel brunello la sua massima espressione.
Alcune note tecniche su questo vino:
Colore: rosso rubino intenso.
Al naso: Sentori fruttati di prugna e mora, di tabacco, spezie, cuoio e tostature.
In bocca: Elegante, potente, equilibrato, di grande struttura, caldo e con un finale piacevolmente tannico.
Perfetto per accompagnare un primo piatto con funghi o con ragù, un arrosto di carne o un filetto al pepe verde.
50&50 di Avignonesi e Capannelle
Rimanendo sempre nelle bellissime terre Toscane vi consigliamo di assaggiare 50&50 grande rosso frutto della collaborazione di Avignonesi e Capannelle, due delle migliori aziende a livello nazionale. La prima situata nella zona di Montepulciano che produce il 50% più morbido derivata da una grande cura del loro merlot d’azienda e la seconda, chiantigiana, che porta tutta la carica del Sangiovese. Il frutto di questa collaborazione nata in una lontana cena conviviale del 1988 è un prodotto pieno, equilibrato e dalle note speziate e balsamiche tipiche dei grandi Toscani da invecchiamento.
Alcune note tecniche su questo vino:
Colore: Rosso rubino intenso e brillante.
Al naso: Ampio e intenso, di ciliegia, fragola, mirto con note speziate di tabacco e caffè.
In bocca: Pieno e strutturato, vellutato e di buona freschezza.
Matarocchio della Tenuta Guado al Tasso
Se invece volessimo fare un regalo veramente da fuoriclasse vi presentiamo Matarocchio, massima espressione della Tenuta Guado al Tasso frutto solo delle annate migliori. Qui abbiamo come protagonista il Cabernet Franc vitigno estero che trova nel Bolgheri la sua casa italiana. È un vino che fa emozionare, frutto di una sapiente cura e selezione delle uve d’Azienda. Al palato è pieno profondo con note di cacao, di prugna matura, di tabacco e di caffè tostato. Sicuramente le feste sono un buon momento per stappare o regalare questi capolavori,anche in versione magnum poiché non mancheranno le occasioni per condividerle.
Alcune note tecniche su questo vino:
Colore: rosso rubino carico e intenso.
Al naso: note mentolate che vanno a unirsi a richiami di cacao, di prugna matura, di tabacco e di caffè tostato.
In bocca: energico e avvolgente, vibrante ma allo stesso tempo setoso nella trama tannica, di lunga persistenza e balsamico in chiusura.
Una volta terminata la fermentazione, e in alcuni casi anche quella malolattica, il vino è pronto per affrontare i primi travasi. Questo permette sia di ossigenare la massa che di eliminare le parti solide residue.
A questo punto il vino può iniziare il percorso di affinamento.
L’affinamento del vino prima del suo imbottigliamento
A seconda della tipologia di vino di partenza e del tipo di prodotto che si vuole ottenere saranno diversi i tipi di contenitori e il tempo di permanenza.
I parametri fondamentali per un vino da invecchiamento sono un buon grado alcolico, una buona acidità fissa, una buona struttura, un buon quantitativo di tannini, sostanze coloranti e bassa acidità volatile.
Per quanto riguarda invece il tipo di recipiente è fondamentale decidere se si vuole effettuare una micro ossigenazione della massa o se l’intento è quello di far evolvere il vino preservandolo dall’ossigeno.
Scelta del contenitore per la maturazione del vino
I recipienti che permettono micro ossigenazione sono principalmente fatti di legno di rovere o di castagno, come barrique, tonneaux e caratelli: più piccoli sono, più il processo è intenso.
barrique: sono fatte in legno e possono contenere 225 litri a meno che non si parli di quelle impiegate tipicamente in Borgogna chiamate “pièce borgognona” che possono contenere 228 litri. In questo caso il rapporto superficie-volume è maggiore quindi l’ossigenazione e la cessione di aromi e tannini è più spiccata.
tonneaux: sono fatti di legno e possono contenere tra i 500 e i 600 litri, permettono un’evoluzione del vino più moderata sia in termini di sostanze tanniche sia in termini di ossigenazione poiché il rapporto superficie è minore.
Caratelli: 25/50 litri viene usato principalmente per la produzione di vin santo in Toscana.
anfora: sono contenitori che in Egitto venivano utilizzati già dal 2700 A.C, sono tornati in voga da qualche anno. Molto apprezzate per una micro ossigenazione non estrema: non cede sostanze al vino mantenendo intatte le note varietali senza contaminarle con quelle tipiche del legno tostato.
All’interno di essi il vino evolve micro ossigenandosi gradualmente, questo permette che i tannini si ammorbidiscano, che le parti fenoliche maturino portandoci ad avere struttura, nonché a smorzare le note acide, comprese quelle derivate dalla fermentazione, ovviamente anche il colore tende a virare verso colori più aranciati.
Il legno per l’affinamento
Il legno più pregiato per la produzione di questo tipo di recipienti è il Rovere Francese che viene dalle foreste del massiccio centrale della Francia, in particolare nelle zone di Allier e Nevers, Tronçais, dalle foreste del Limousin e dalla regione alsaziana dei Vosgi. Gli altri tipi di rovere, come quello americano, tenderanno a dare qualità organolettiche diverse non paragonabili ai grandi legnami francesi. Più il legno è farinoso meno cederà tannino ma allo stesso tempo donerà spiccate note di vaniglia.
Fondamentale è il tempo di stagionatura del legno che deve essere di almeno 2-3 anni per poi passare al taglio con la tecnica dello spacco. Questa tecnica permette di non tagliare la fibra e di mantenere l’impermeabilità del legno. Una volta scelte le tavole si imposta la struttura della botte.
Le botti ovviamente tendono ad assorbire il vino che contengono. Un massimo di 10-8 l durante il loro primo anno di impiego che prende il nome di primo passaggio, questo coincide con un rilascio di tannino e sostanze aromatiche notevoli che diventano sempre più leggere andando avanti con i passaggi di vino che ospiterà. Le botti tendenzialmente si possono usare fino a un massimo di 6 passaggi prima che il legno si saturi, non permettendo più la micro ossigenazione. Durante l’affinamento la botte tende a colmarsi, è fondamentale che venga rabboccata affinché la superficie non rimanga a contatto con l’aria andando incontro a spunti batterici indesiderati.
Affinamento in acciaio inox
Per i vini di pronta beva, quindi quelli da bere giovani e per la maggior parte dei vini bianchi, si prediligono, al contrario, recipienti che non permettano il passaggio dell’ossigeno, i più diffusi sono le vasche in acciaio inox e quelle in cemento vetrificato.
In questo caso si ha un affinamento di tipo riduttivo che porta a un’interazione principalmente tra alcool e acidi. In particolar modo nei vini con spiccata acidità fissa molto comune è la formazione di cristalli di bitartrato di potassio che si vanno a depositare sul fondo per poi essere eliminati durante i vari travasi.
Affinamento in bottiglia: l’ultimo step della maturazione
Una volta finito l’affinamento si passerà all’imbottigliamento. Affinché il prodotto sia pronto per il consumo, sicuramente sarà necessario una più o meno breve permanenza che andrà ad armonizzare il prodotto rendendolo meno spigoloso. Anche attraverso il tappo si verifica una micro ossigenazione, questo è proprio il motivo per cui alcuni vini più invecchiano in bottiglia e più migliorano dando origine anche ai cosiddetti aromi terziari tipici proprio dell’invecchiamento. Anche se nell’uso comune si è soliti dire che “il vino invecchiando migliora” non è sempre così. La durata di una bottiglia di vino è strettamente legata alla tipologia del vino ed alla qualità della conservazione della bottiglia chiusa. Inoltre l’affinamento di un vino in cantina deve avvenire nel rispetto di condizioni fisiche ed ambientali che ne garantiscano la maturazione e l’evoluzione e ne ostacolino il decadimento.
Quando si parla del Mondo del Vino si è soliti pensare che sia rappresentato solo da uomini, essendo un lavoro molto faticoso.
Ma non è così, moltissime aziende oggi vestono al femminile, d’altronde dove c’è amore, passione e capolavori è inevitabile una figura “rosa”.
Non a caso nella guida Gambero Rosso 202, il miglior viticoltore italiano è una donna. Stiamo parlando di Antonella Lombardo, ex avvocatessa a Milano, che ha deciso di tornare nella sua amata terra in Calabria ed ha deciso di dedicarsi a tempo pieno all’amore per il vino.
In questo articolo ve ne vogliamo menzionare alcune, chi più famoso chi meno, dal nord, passando per il centro, fino al sud.
Le Lase, quattro sorelle al confine tra l’Umbria e il Lazio
Partiamo questo percorso alla scoperta del mondo femminile nel vino con Le Lase, una cantina che ha luogo ad Orte, nella valle del Tevere. Abbiamo deciso di partire da qui perché questa realtà è molto vicina a noi, nella provincia di Viterbo.
La storia de Le Lase, ha vita intorno agli anni duemila, dove al confine tra l’Umbria e il Lazio, 4 sorelle incantate dal paesaggio e dalla località, decisero di impiantare i vigneti su queste terra argillose, ricche di minerali, attraversate dal fiume Tevere.
Le 4 sorelle, sono unite dalla stessa passione comune, ma ognuna ha un compito ben distinto, così da comporre una squadra magnifica.
Producono 8 etichette: 4 vini bianchi e 4 vini rossi.
Per quanto riguarda il vino bianco i vitigni della cantina sono: Chardonnay, Pinot Bianco, Incrocio Manzoni, Pinot Grigio e sono tutti vinificati monovarietale.
Per i rossi si spazia dal Cabernet Sauvignon, Merlot, Petit Verdot, Canaiolo Nero, Sangiovese Violone e Cabernet Franc. In questo caso la maggior parte vengono vinificati in blend, tranne il canaiolo nero che viene vinificato in purezza dando vita al vino Thesan (Dea dell’alba).
Alla scoperta del Thesan vinificato in due versioni
Il canaiolo nero è un vitigno utilizzato anche per comporre il Chianti, in parte minore del sangiovese ma comunque essenziale.
Le Lase ha scelto di vinificarlo in due versioni.
La prima, quella ‘classica’, prende il nome di Thesan. È un rosso di grande ricchezza polifenolica. Si caratterizza per il suo colore profondo ed intenso. La struttura è densa, con tannino ricco ma armonico, di grande spessore. L’affinamento è di 12 mesi in botte, 12 mesi in acciaio e 3 mesi in bottiglia. Ad oggi c’è in commercio la 2016 e ha una gradazione alcolica di 15°. Ci sentiamo di abbinarlo ad un brasato, alla cacciagione e alla selvaggina. Ideale anche a fine pasto, con piccoli assaggi di formaggi stagionati.
La seconda versione, messa in commercio da poco, è una chicca dell’azienda.
Parliamo del THESAN36.
Il numero 36 indica il periodo di affinamento, ovvero 36 mesi di barriques, dove precedentemente ha svolto la fermentazione malolattica. Solo le migliori barriques vengono selezionate e imbottigliate, tutte numerate singolarmente.
Grandissimo vino della Tuscia, rappresentativo, di grande eleganza e spessore. Estremamente complesso, con una capacità evolutiva oltre i 10 anni. Si abbina perfettamente con arrosti, cacciagione o anche per un dopocena con dei formaggi stagionati.
Marisa Cuomo: i sapori della Costiera Amalfitana in un calice
Proseguiamo il viaggio spostandoci in Campania, precisamente in Costiera Amalfitana a Furore, piccolissimo comune di 709 abitanti che dal ‘97 fa parte dell’UNESCO.
Qui troviamo la straordinaria azienda vinicola di Marisa Cuomo.
Viticoltura eroica, con i vigneti a precipizio sul mare.
Uno dei loro vini prende proprio dal nome della cittadina: Furore. I vitigni che lo compongono sono falanghina e biancolella, solitamente 60% e 40%.
Ma la loro punta di diamante è Fiorduva, composto dai seguenti vitigni: fenile 30%, ginestra 30% e ripoli 40%.
Il vino fermenta per tre mesi in barriques di rovere.
Si presenta di una veste giallo dorato molto luminoso, all’olfatto si riesce a percepire una frutta a polpa gialla esotica e albicocca matura.
In bocca pieno, avvolgente, caldo, denso. Rispecchia perfettamente l’olfatto, proseguendo con un’infinita persistenza.
Negli anni ha ricevuto diversi premi: miglior vino dell’anno 2012, 3 bicchieri Gambero Rosso, cinque grappoli AIS, gran medaglia d’oro vini di montagna e tanti altri.
Vi consigliamo di apprezzarlo in abbinamento a primi piatti come risotti a base di pesce. Ma non solo, lasciatevi stupire dal perfetto connubio con il sushi.
Guaite di Noemi: il cuore femminile della Valpolicella
Saliamo al nord, con esattezza in Veneto, dove troviamo le Guaite di Noemi, nel cuore della Valpolicella.
<<Non è questione di moda, di denaro o doveri. È solo questione di Amore>>
La Cantina Le Guaite di Noemi si trova nel bel mezzo delle colline di Mezzane di sotto, microzona definita “Valpolicella allargata”, zona emergente anche grazie ai due capostipiti della valpolicella come Romano Dal Forno, fedele collaboratore dello storico Giuseppe Quintarelli, nonché ‘confinanti’ di vigneti.
La cantina nasce nel 2002, quando Stefano Pizzichella, padre di Noemi, acquistò l’attività che, originariamente, era dedicata esclusivamente alla produzione olivicola e successivamente ampliò la produzione acquisendo anche dei vigneti.
Hanno, per scelta, una produzione ristretta. Poche etichette, soltanto 5 per la precisione:
Rosso Veronese (Tano)
Valpolicella Superiore,
Valpolicella Ripasso,
Amarone della Valpolicella
Recioto della Valpolicella
Il loro prodotto di punta è l’Amarone.
I vitigni che lo compongono sono Corvina 35%, Rondinella 20%, Corvinone 35%, e per finire un 10% tra Oseletta e Croatina.
Le uve fanno un appassimento di circa 100 giorni, vengono utilizzati dei lieviti selezionati dalla loro azienda.
La particolarità che li contraddistingue rispetto ad altri amaroni è la durata dell’affinamento, ovvero 3 anni in botti di quercia e 4 anni in bottiglia.
Ma non solo. Un’altra peculiarità è il grado alcolico, raggiungiamo i 17°.
Un vino di grande spessore,con una grandissima capacità di evoluzione.
Si presenta con un bouquet variegato, talmente complesso e potente al punto di lasciare il suo profumo all’interno del bicchiere anche qualche minuto dopo la degustazione. Perfetto in abbinamento a brasati, arrosto di manzo, formaggi stagionati e selvaggina.
Terminiamo il viaggio tornando nel centro Italia, nello specifico nelle Marche, dove troviamo la sorprendente cantina di Angela Velenosi.
L’azienda nasce nel 1984, ma in modo effettivo dal 2005 Angela ed Ercole dirigono l’orchestra aziendale.
Ci troviamo proprio al confine tra Abruzzo e Marche, essendo la cantina ad Ascoli Piceno.
Il clima è abbastanza variegato in questa fascia di terreno: la zona è abbracciata da un lato dal Mar Mediterraneo e dall’altro gli Appennini che proteggono le spalle.
Le piogge abbondanti autunnali, compensano i caldi venti dell’estate e gli inverni mediamente rigidi.
La grande produzione di questa cantina l’ha resa nota. Vantano una linea abbastanza vasta di etichette, che va dai bianchi fermi, spumanti e rossi che spaziano dai più giovani come la Lacrima di Morro d’Alba, ai più strutturati come il Ludi.
Il vitigno di questo vino principe è il Montepulciano(85%) con aggiunta di Cabernet Sauvignon e Merlot per il restante. È un vino con una profonda tradizione, dato che la sua prima uscita risale al 1998, quando prendeva il nome di Marche IGT rosso, per poi gradualmente passare alla denominazione DOC nel 2005 con conseguente cambio nella sua nomenclatura in “Offida DOC rosso” . Infine, nel 2011, ha finalmente ottenuto il riconoscimento a DOCG.
La vendemmia ha inizio a metà ottobre rigorosamente manuale, la mattina presto o nel tardo pomeriggio per limitare le ossidazioni, tantochè vengono deposte all’interno di celle refrigerate, prima di arrivare in cantina. Il vino fermenta in acciaio e affina per 18/24 (in base alle annate).
L’assemblaggio viene effettuato al termine di questo periodo. Prima di essere messo in vendita, il vino riposa 3 mesi in bottiglia.
Gli aromi principali spaziano dalla frutta rossa a note balsamiche, fino a della grafite. Il tannino è presente, ma gradevole e vellutato, di forte impatto gustativo, preservando però delicatezza ed eleganza.
Il Vermouth è un vino rinforzato e aromatizzato che viene utilizzato per realizzare cocktail ma anche alcune ricette culinarie tanto originali quanto deliziose. Scopri qui tutti i segreti del Vermouth e i nostri migliori consigli per sceglierlo, conservarlo e aggiungerlo nelle tue preparazioni culinarie preferite!
Cos’è il Vermouth?
Il Vermouth è un vino, tradizionalmente prodotto in Italia nella zona di Torino, ha avuto una grande diffusione negli anni 50. Requisiti fondamentali per potersi chiamare “Vermouth” sono :
La provenienza del vino di base deve essere esclusivamente nazionale;
La gradazione alcolica non deve essere inferiore a 15.5%;
Volume in zuccheri complessivi espressi come zucchero invertito non inferiori a 14 g per 100 ml;
Nelle versioni secche o dry il contenuto alcolico minimo è del 18% e gli zuccheri non possono superare i 12 g per 100 ml.
Il suo sapore caldo e piccante è legato alla moltitudine di aromi e spezie che possono entrare nella sua composizione: origano, artemisia, chiodi di garofano, vaniglia, ecc. Può essere gustato da solo, in un cocktail o può essere utilizzato anche in cucina per dare carattere a ricette dolci e salate.
Storia e origini del vermouth
Il nome Vermouth o vermut, come si era soliti chiamarlo in piemonte a fine 700, deriva, come detto precedentemente (se vuoi rileggi l’articolo dedicato ai Wine Cocktail), dal temine tedesco “wermut” utilizzato per definire il suo principale aromatizzante l’Arthemisia Absinthum.
Come conservare il Vermouth?
Il Vermouth non è un alcol da conservare, non invecchia bene e va quindi consumato velocemente. Si tratta infatti di un vino che consigliamo di consumare nell’anno successivo alla sua apertura. Per un Vermouth secco, il tempo massimo di conservazione è di 6 mesi in frigorifero. Per altri vermouth a base di vino rosso, il tempo di conservazione può arrivare fino a un anno in un luogo asciutto e fresco.
Varietà di Vermouth
Esistono diverse varietà di Vermouth, a base di vino rosso o bianco. I vermouth bianchi sono più associati alla Francia mentre i Vermouth rossi sono associati all’Italia, anche se non è sempre così. I diversi Vermouth si distinguono anche per le diverse piante che vengono utilizzate per aromatizzarli, spesso caratteristiche della loro regione di produzione: assenzio, cannella, sambuco, salvia, cardamomo, génépi, ecc. Il Vermouth di Torino è piuttosto dolce e ha un colore rosso. Il Vermouth prodotto nell’Herault è piuttosto secco e bianco mentre il Vermouth Savoiardo si riconosce per il suo gusto più pronunciato. Questo perché, nella sua composizione possono essere utilizzate più di 30 piante alpine e savoiarde!
Come usare il Vermouth?
Il Vermouth può essere gustato anche liscio, importante è che sia molto freddo. Si può scegliere di aggiungere dei cubetti di ghiaccio o lasciarlo riposare in frigo qualche ora prima e conservarlo in un secchiello del ghiaccio. La prima opzione è solitamente la più popolare ma alcune persone non vogliono diluire la bevanda e preferiscono non metterci dentro cubetti di ghiaccio.
Il Vermouth può essere usato poi per preparare deliziosi cocktail e conferire loro un carattere unico. Ma questo è lontano dall’unico uso possibile. Con il Vermouth, infatti, si possono anche realizzare le salse di accompagnamento ai piatti di pollame, selvaggina o pesce. L’alcol contenuto nel Vermouth evapora durante la cottura lasciando spazio al suo gusto piccante.
Per quanto riguarda il dessert, il Vermouth si abbina perfettamente al cioccolato o alla frutta invernale e permette di realizzare creme, mousse e altri dolci originali e raffinati.
Concludiamo lasciandovi una ricetta da insaporire con il vermouth, perfetta anche per le feste: Arrosto di maiale con arancia e vermouth.
INGREDIENTI
arrosto di maiale (filetto o lombo)
20 cl di succo d’arancia
3 cucchiaini di miele o 50 g di uvetta bionda
15 cl di Vermouth bianco
1 cucchiaino di zenzero macinato
1 cipolla tritata
1 dado di manzo o 1 cucchiaio di brodo di vitello
erbe aromatiche
4 cucchiai di olio d’oliva
sale pepe
PROCEDIMENTO
A fuoco vivo, mettere l’olio d’oliva in una casseruola di ghisa, rosolare l’arrosto da tutti i lati. Aggiungere la cipolla tritata e far rosolare fino ad ottenere una leggera doratura. Aggiungere il succo d’arancia, il Vermouth, il miele (o l’uva), lo zenzero, il dado di brodo di manzo, le erbe aromatiche e le arance tagliate a fette spesse 1/2 cm.
Lasciare sul fuoco con il coperchio con fiamma molto bassa e cuocere, da 50 minuti a circa 1 ora, aggiungendo di volta in volta un po’ d’acqua per evitare che il sugo si attacchi al fondo.
Attenzione, la salsa deve assumere un bel color caramello e non essere troppo liquida. A metà cottura aggiustate di condimento (sale e pepe)
In questo articolo andremo ad approfondire le 3 tipologie principali di vinificazione:
Vinificazione in bianco
Vinificazione in rosso
Produzione di vino spumante
Ovviamente le tecniche impiegate variano a seconda del tipo di vino che si vuole produrre. A grandi linee ogni tipo di vino ha caratteristiche qualitative ben distinte.
Nel vino bianco, per esempio, si ricerca finezza, una buona freschezza e mineralità, caratteristiche valutate anche nei vini spumanti ma in questi ultimi si apprezza anche il perlage, ovvero la quantità di bollicine di anidride carbonica. Nei vini rossi infine si gradisce il colore intenso, un buon corpo e una spiccata persistenza.
Per tutte e tre le tipologie è fondamentale la qualità dell’uva, solo da uve superiori si può ottenere un vino di un certo livello.
Dalla varietà d’uva dipendono gli aromi primari chiamati anche varietali. Questi si differenziano dagli aromi secondari, che dipendono dal tipo di fermentazione, e da quelli terziari, che si sviluppano durante l’affinamento.
Vinificazione in bianco
Fondamentale è lo stato iniziale delle uve per evitare fermentazioni spontanee, infestazioni batteriche e marciumi.
Il mosto per la vinificazione in bianco viene estratto tramite pigiatura soffice per poi essere separato immediatamente dalla parte solida. Un’eccessiva pressione o un contatto prolungato andrebbero ad estrarre sostanze indesiderate dalle bucce.
Il composto viene poi fatto riposare a bassa temperatura per far depositare tutte le parti grossolane in sospensione e, solo dopo, si andrà ad aggiungere lo starter vinario, una miscela di mosto e lieviti selezionati che vanno a trasformare lo zucchero contenuto nel mosto in alcool tramite la fermentazione.
Durante questa fase è importante che la temperatura sia sempre compresa tra 18 e 22 C°. Per ottenere vini più complessi a volte si sceglie di farli rimanere in vasca per circa 6-8 settimane facendoli affinare sulle fecce fini (tutti i sedimenti che si formano in seguito alla fermentazione alcolica composti in grandissima parte dai lieviti esausti).
Prima di imbottigliare è fondamentale stabilizzare il prodotto affinché non si alteri. Questo si può ottenere tramite metodi chimici, come l’utilizzo di coadiuvanti enologici, come la più comune e altresì dibattuta anidride solforosa, oppure utilizzando metodi fisici come, per esempio, filtrazione, stabilizzazione a freddo o chiarifica.
Vinificazione in Rosso
La vinificazione in rosso viene effettuata rigorosamente da uve a bacca rossa.
Al contrario della vinificazione in bianco, le fasi di diraspatura e pigiatura avvengono in un’unica macchina, chiamata pigia-diraspatrice, e il mosto fermenta insieme alle bucce a 25-30 C°.
In questa maniera si estraggono dalle bucce e dai vinaccioli tutte le parti tanniche, coloranti e aromatiche. Durante la fermentazione l’anidride carbonica prodotta tende a far emergere le vinacce formando il cosiddetto “cappello” sopra il vino. Durante la fase della macerazione diventano fondamentali i rimontaggi e le follature, per evitare che si creino marciumi, muffe e infestazioni batteriche sulla parte del cappello esposta all’aria.
Il rimontaggio si effettua bagnando il cappello con del vino prelevato dalla base della vasca di fermentazione tramite una pompa che spinge il vino alla sommità. La follatura invece consiste nel rompere meccanicamente il cappello per immergerlo nuovamente nel vino.
Una volta finita la macerazione si procede alla svinatura per separare le vinacce dal vino fiore che potrà continuare il percorso verso l’imbottigliamento.
In alternativa può essere tagliato con il vino di prima spremitura, prodotto da una pressatura leggera delle vinacce. I vini estratti dalla seconda spremitura vengono commercializzati come vini di scarsa qualità oppure impiegati per la distillazione, questo sono prodotti estremamente tannici e verdi, non molto gradevoli.
Molto importante per i vini rossi è la fermentazione malolattica che avviene naturalmente in primavera con l’innalzamento delle temperature. I protagonisti in questo caso sono i batteri lattici che producono appunto acido lattico, più morbido, a discapito dell’acido malico, più forte e meno gradevole. Questo porta ad avere un prodotto più morbido, con note di noce, vaniglia, cuoio e spezie più accentuate a discapito di quelle più erbacee accentuate invece dal malico.
A questo punto si andrà a stabilizzare e filtrare il vino, per poi procedere all’affinamento ed all’imbottigliamento.
Spumantizzazione
Per spumantizzazione si intende la produzione di vini spumanti.
I metodi più comuni di spumantizzazione sono due:
Metodo Martinotti o Charmat
Metodo classico o champenoise
La differenza sostanziale è il procedimento per arrivare alla presa di spuma
Il metodo Martinotti permette di produrre vini spumanti in minor tempo e dalle note più fresche e floreali, ottimo nella produzione di vini spumanti dolci.
Si procede facendo una prima fermentazione alcolica del mosto dopo di che il vino fermo, viene messo in autoclave (fermentatore in acciaio a tenuta stagna) con l’aggiunta del liquore di tiraggio, una miscela di zuccheri e lieviti che andranno a formare anidride carbonica. Poiché il procedimento è molto veloce si produrranno bollicine più grossolane rispetto al metodo classico.
Per la produzione di metodo classico, invece, la rifermentazione avviene in bottiglia in un lasso di tempo più lungo. In questa maniera il rapporto lieviti massa aumenta dando prodotti molto più strutturati, complessi e soprattutto caratterizzati da bollicine più fini e persistenti. Non a caso questo tipo di vinificazione viene impiegata nella produzione di champagne ed altri importanti vini spumanti.
Per eseguire la rifermentazione il liquore di tiraggio viene aggiunto direttamente nella bottiglia che verrà chiusa con un tappo a corona munito di una gabbietta interna che andrà a raccogliere tutte le fecce che si formeranno.
Le bottiglie, fino alla presa di spuma, verranno posizionate orizzontalmente con quotidiani scuotimenti, chiamati remuage, questo serve a evitare la sedimentazione di lieviti sulla pancia della bottiglia che può portare a odori solforati, poco gradevoli.
Una volta finita la presa di spuma, si passa al cosiddetto affinamento sui lieviti, fondamentale per dare struttura e carattere al prodotto
Le bottiglie vengono messe sulla pupitre a un’inclinazione di 45° e ruotate di un quarto a intervalli di tempo regolare. Con questa pratica, che può durare da qualche mese a diversi anni, si vanno a far sedimentare i lieviti nel tappo.
Una volta finito l’affinamento si procede con la sboccatura: si va prima a congelare il collo della bottiglia, affinché i lieviti non ri-precipitino nella bottiglia, poi si toglie il tappo a corona. La pressione sviluppata durante la presa di spuma espelle i lieviti e una piccola parte di vino che verrà rabboccata con la liquer di spedizione (normalmente composta da vini di riserva di altre annate).
Ovviamente abbiamo trattato i tipi di vinificazione più comuni senza soffermarci sulla produzione dei vini dolci e dolci Passiti, che hanno tecniche e disciplinari più particolari. Alla vinificazione dei vini rosati invece abbiamo dedicato un articolo intero( cliccate qui per leggerlo).
Avete altre curiosità legate al mondo dei vini? Non perdete i prossimi articoli!
Oggi vi portiamo in una delle regioni più importanti enologicamente parlando: scopriremo i vini della Toscana. Famosa in tutto il mondo per la bellezza dei suoi paesaggi e per la moltitudine di attrazioni storico-culturali: La Toscana, terra di vino e arte!
Dalla cupola del Brunelleschi alla Torre del Mangia, passando per la famosissima torre pendente di Pisa e le torri di San Gimignano, sono molti i poli artistico-culturali. Degni di nota sono anche le verdissime colline e i marmi bianchi di Carrara, i cipressi dei famosi viali di Bolgheri e i pini marittimi della costa grossetana.
Parlando di vini e pietanze, il settore che ovviamente amiamo di più, possiamo dire che c’è una forte assonanza tra di loro, abbinandosi e mescolandosi alla perfezione.
Sapori intensi, molto spesso nati dalla tradizione contadina, soprattutto per quanto riguarda la carne, sua maestà la “Fiorentina”.
Parlando un pò di storia, nel 1716 fu emanato il Bando Granducale di Cosimo III dove vennero fondate quattro zone vitivinicole di eccellenza: Chianti, Carmignano, Pomino e Valdarno Superiore.
I vini nella zona centrale della Toscana
La prima a ricevere la DOC in Italia fu la Vernaccia di San Gimignano nel 1966, a seguire nel 1980 la DOCG il Vino Nobile di Montepulciano e Brunello di Montalcino, fondato da Ferruccio Biondi Santi.
Rosso granato luminoso, al naso si percepisce eucalipto, frutto scuro, violetta, fino ad arrivare all’amarena. Annusando ancora più a lungo si riesce a sentire qualcosa di più intrigante e complesso come terra bagnata, tabacco, o fungo profumato.
Un ricordo di arancia rossa sullo sfondo, nota caratteristica del Sangiovese. Assaggio verticale e deciso dal primo al secondo, mostra una trama tannica fitta ma vellutata e una sfacciata freschezza che si equilibrano alla perfezione nel corpo del vino: elegante e raffinato. Lunghissima la persistenza, dove ci ritorna tutto quello menzionato fino ad ora, soprattutto la parte balsamica e speziata.
Sarebbe riduttivo dire a quali piatti abbinarlo, vista la sua perfezione basterebbe stapparlo, versarlo in un ampio calice per farlo respirare un po’ e poi… chiudere gli occhi e lasciarsi andare. Sicuramente, da tradizione, grandi piatti cucinati toscani.
Sempre negli anni che vanno dal 1960 al 1980, ci fu una rifondazione del sistema vino toscano, basata su nuove tecniche di cantina, sull’uso diffuso della barrique e sul creare blend di sangiovese con altri vitigni internazionali, che daranno origine ai Supertuscan.
Tignanello è stato il primo Sangiovese ad essere affinato in barriques, il primo vino rosso moderno assemblato con uve internazionali, come il Cabernet Franc e cabernet Sauvignon, ed uno tra i primi vini rossi nel Chianti Classico a non usare uve bianche. Tignanello è una istituzione. La prima annata prodotta fu la 1971.
Parlando di percentuali di produzione, abbiamo un 85% per i vitigni a bacca rossa. Il sangiovese, essendo il vitigno principe, rappresenta circa il 65%.
La maggior parte dei vini toscani sono composti da Sangiovese, come appunto il Chianti, il Brunello, il Morellino e il Vino Nobile di Montepulciano.
Tutti sono accomunati dallo stesso vitigno, ma in realtà sono tutti biotipi differenti. Ad oggi ne abbiamo 5 riconosciuti:
sangiovese piccolo
sangiovese grosso (brunello)
prugnolo gentile (vino nobile di montepulciano)
sangiovese romagnolo
sangiovese del grossetano (morellino).
Ma come risulta il sangiovese?
La sua adattabilità ai vari terroir lo rende versatile e poliedrico. Dalla spiccata e naturale acidità, che ci garantisce capacità evolutiva ma soprattutto una grande beva.
Radda in Chianti: Montevertine
Nel cuore delle colline del Chianti, nel comune di Radda in chianti troviamo l’azienda Montevertine, una realtà che forse più di ogni altra in Toscana è sinonimo di sangiovese e di tradizione.
L’azienda Montevertine è stata acquistata nel 1967 da Sergio Manetti, all’epoca industriale siderurgico, per realizzare una casa vacanze. Restaurò l’immobile in maniera da renderlo abitabile e, poco dopo, impiantò due ettari di vigna ed allestì una piccola cantina con l’idea di fare una produzione casalinga e per accontentare qualche amico.
La fattoria, dopo la scomparsa di Sergio Manetti, avvenuta nel novembre del 2000, è ora diretta dal figlio Martino Manetti.
Quest’anno per il centenario della nascita di Sergio Manetti(1921-2021), ovvero annata corrente 2018, sia per Montevertine che Pergole Torte, i due vini più importanti, hanno cambiato il retro etichetta, dedicando il vino al suo creatore.
Pergole torte è la punta di diamante dell’azienda; 100% sangiovese, con vitigni piantati tra il 1968 e il 1999. Abbiamo concentrazioni ed espressioni diverse, che danno origine ad un vino di grande personalità.
Il vino viene invecchiato per un anno in barriques Allier e un anno in botti di rovere di Slavonia. È un vino rosso granato e compatto alla vista ma con grande luminosità. Profumi percettibili anche con il bicchiere distante dal naso, sentori di amarene e visciole, soprattutto in confettura, spezie piccanti ma dolci, anice stellato, tabacco morbido e china. Un mosaico intrigante, che ad ogni olfazione cambia ed evolve. Equilibrato e strutturato al gusto, con tannini nobili, setosi ma ben presenti. Persistenza lunga e interminabile.
L’abbinamento?
Tanta è la struttura del vino, altrettanta deve essere quella della pietanza.
Un bel crostino toscano, pappardelle di cinghiale, una tagliata di Chianina con del lardo di Colonnata, per chi preferisce.
Vini della costa e della zona ovest della Regione
Fino ad ora abbiamo parlato della parte centrale della Toscana, ma la costa è un’altra zona molto più vocata per i bianchi, infatti troviamo delle magnifiche espressioni di Vermentino.
Spostandoci un po’ più ad ovest di Montalcino, troviamo Bolgheri dove sono nati i grandi Supertuscan, nient’altro che la risposta italiana a Bordeaux.
Abbandonando un po’ il sangiovese, tra i vini più rappresentativi, troviamo il Sassicaia. Nel lontano 1944 il Marchese Mario Incisa della Rocchetta decise di piantare 1.5 ha di barbatelle a cabernet sauvignon e franc, fu uno dei primi vini ad essere affinati in barrique. Negli anni ‘90 erano circa 260 ettari piantati, oggi circa 1140.
Nato nel 1968 come vino da tavola, nel 1994 acquisisce la doc Bolgheri Sassicaia, unica a farne parte ed esclusivamente con un solo vino.
Deve essere prodotto per almeno un 80% da cabernet sauvignon e un 20% da uve sempre a bacca rossa, ma solitamente lavorano 85% sauvignon e 15% di franc.
Altitudine limitata, terreni sabbiosi con ciottoli ed argilla e l’influenza della brezza marina, sono gli aspetti fondamentali per rendere Sassicaia concorrente diretto dei più grandi Crù Classè bordolesi.
Non possiamo dimenticarci l’Isola D’Elba, dove si producono magnifici vini da uve Ansonica, che viene vinificato anche nella versione passito, come anche l’aleatico.
Il re del vino dolce: il Vin Santo del Chianti
Non possiamo che concludere questo veloce tour, con il vino dolce toscano più importante,ovvero, che non manca in nessuna casa di un buon toscano: il Vin Santo del Chianti.
Prodotto da trebbiano toscano e malvasia bianca lunga, mentre per il Vin Santo di Montepulciano D.O.C., l’Occhio di Pernice, c’è l’aggiunta di sangiovese.
I migliori grappoli vengono raccolti e selezionati manualmente, appesi nei sottotetti delle case o stesi su delle stuoie e fatti appassire per almeno 6 mesi, con una perdita del 35-40% di acqua. Il mosto viene messo all’interno di carratelli, barrique o botticelle da 50-100lt.
La fermentazione avviene con le botti scolme, ed ognuno seleziona il proprio lievito per dare un’identità ben specifica al proprio vino. L’invecchiamento dura circa 3 anni, ma varia in base alle annate e alla filosofia del produttore. Sono vini che hanno una grandissima capacità evolutiva, fino a 25-30 anni.
Ottimo da bere con della pasticceria secca ma è perfetto anche da solo, a fine pasto, come vino da meditazione.
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